CONDIZIONI IDEALI PER FERTILIZZARE, MA LA NORMA LO VIETA


Gasparini: le buone pratiche agronomiche azzerate da una miope ideologia
 Cielo terso, terreno asciutto: sarebbero le condizioni ideali per poter fertilizzare con concimazioni organiche prati ed erba medica, ma la norma vieta categoricamente la pratica in tutte le zone vulnerabili ai nitrati prevedendo, invece, deroghe settimanali per le zone ordinarie (su prati stabili e medicai di tre anni almeno). Il regolamento applicativo in materia di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, del digestato e delle acque reflue, stabilisce un articolato sistema di finestre autorizzative (dal primo novembre al 28 febbraio) in base ai bollettini meteo pubblicati da Arpae ogni lunedì, ma dal primo 1° dicembre al 31 gennaio (62 giorni), in zona vulnerabile, il divieto è totale. Resta poi sempre valido il divieto di utilizzazione agronomica dei fertilizzanti sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e su terreni saturi d’acqua e nei giorni di pioggia. Il regolamento interconnette così quanto disposto dal piano per la qualità dell’aria delle regioni del bacino padano con l’applicazione della direttiva nitrati. “Tutta la direttiva nitrati deve essere sostanzialmente rivista – sottolinea Giovanna Parigiani, componente di Giunta nazionale di Confagricoltura con delega alle materie ambientali – lo abbiamo chiesto più e più volte. Innanzitutto perché basata su presupposti non oggettivi e che mettono sul banco degli imputati solo l’agricoltura tralasciando l’impatto, ben più consistente, di altri comparti”. “Il sistema a finestre doveva servire per porre parziale rimedio ad alcune storture, ma anche in questo caso ci si è messa di mezzo la burocrazia – rimarca il presidente di Confagricoltura Piacenza Filippo Gasparini -. Oggettivamente, abbiamo avuto un novembre piovoso (in cui le finestre per spandere erano di fatto precluse) mentre in questi giorni avremmo condizioni agronomicamente ideali per fertilizzare su prati ed erba medica. Dove sono finiti i professori dell’Università che ci spiegavano che era necessario distribuire la sostanza organica sulla vegetazione a riposo, prima del risveglio? Era una tecnica colturale basilare, tanto che anche il personale delle nostre aziende, quello che ha vissuto la grande stagione dell’agricoltura, è indignato e non si capacita dell’impossibilità di operare stabilita dalla norma. Rispetto a questa avevamo chiesto che le finestre fossero sempre possibili e stabilite non per scelta politica, come avvenuto, ma dagli organismi tecnici competenti in materia, come i consorzi fitosanitari, in grado di indicare se ci sono le condizioni per procedere o meno. Ci chiediamo quindi cosa c’entri il calendario con la percolabilità dei terreni. Non poter fertilizzare con le condizioni di questi giorni significa negare la competenza e la professionalità di chi opera nei campi, procurare un danno alle colture e conseguentemente porre in svantaggio le nostre aziende”. 
“Il report quadriennale inviato a Bruxelles dal Governo italiano e i dati che emergono dai vari casi studio europei – riporta Parmigiani - come ad esempio quelli approfonditi dal progetto Waterprotect, indicano come l'inquinamento da nitrati debba cercare le sue origini soprattutto in altre fonti oltre a quelle agricole e come queste peraltro siano in diminuzione. Come richiesto da Agrinsieme – sottolinea Parmigiani -  l’intero sistema politico italiano deve prendere le difese del comparto zootecnico e di tutta la filiera, sostenendo presso la Commissione Europea la sostanziale revisione di una direttiva datata e che ha causato numerose problematiche. Chiediamo di individuare soluzioni che siano adottate su presupposti scientifici a livello agronomico ed economico e che permettano di salvaguardare l’agricoltura, così come l’ambiente e la salute dei cittadini”.
“Per approcciare il problema nitrati è necessario considerare anche l’impatto degli insediamenti industriali e degli abitati. L’intera direttiva nitrati è invece basata sul presupposto non verificato della responsabilità dell’agricoltura. Se è vero che l’agricoltura viene punita oltremodo con decisioni assunte senza basi scientifiche, l’amara conclusione è che ci sia un astio contro il nostro settore   – conclude Gasparini - comprovato dell’atteggiamento punitivo di Bruxelles, purtroppo puntualmente recepito con troppa ideologia dai ministeri e dagli assessorati. Se si giudicassero con la stessa severità usata per l’agricoltura le altre fonti di inquinamento, come ad esempio i trasporti, con le misurazioni dei Pm10 sempre oltre i limiti in città, non dovremmo solo applicare norme sull’uso delle vetture, ma chiudere le fabbriche di automobili e tornare ai calessi”.






  • 14/1/2019   -   1141 letture  
  • Stampa questo articolo Stampa